C’è un tempo per studiare ed un tempo per lavorare

La scuola e la conoscenza dovrebbero curvare su valori e principi costitutivi di un nuovo umanesimo

La morte tragica di un ragazzo di 18 anni è sempre una notizia drammatica che non andrebbe mai commentata. Pensare che sia avvenuta in un cantiere, quando quel ragazzo doveva essere a scuola, per la sua istruzione, induce un moto dell’anima intriso di rabbia e ribellione.
Sentimenti che non si possono placare con la solita tiritera delle colpe e con l’ipocrisia. Non basta.
Bisogna cambiare visione, culturalmente e politicamente.

Quello studente doveva essere in classe a studiare e non in un cantiere dove i pericoli sono costanti anche per i lavoratori, non abbastanza tutelati. La nostra battaglia zero morti sul lavoro lo dimostra.
Il perseguimento di profitti sempre maggiori – anche a costo di risparmi sulla prevenzione e sicurezza – resta culturalmente la religione comune, il pensiero unico.
Noi pensiamo che la scuola e la conoscenza dovrebbero curvare su valori e principi costitutivi di un nuovo umanesimo.

L’alternanza scuola lavoro è chiaro esempio di questo pensiero unico.
Presentato come elemento di progresso civile mentre le persone sono viste come fattori produttivi da utilizzare. Sarebbe il momento di dire basta con queste ideologie neoliberiste che, applicate alla scuola, sono inaccettabili.

C’è un tempo per studiare ed un tempo per lavorare, nell’ambito di un tempo più ampio che è quello della vita.   Quel ragazzo è stato indotto a bruciare le tappe, gli si è impedito di vivere.
Eppure siamo nel periodo più fecondo per il genere umano: le condizioni del nostro paese consentono, forse per la prima volta nella storia, di lasciare agli studenti possibilità di studio ampie e aperte.

Il Pcto, brutto acronimo, che nasconde la vecchia ma mai eliminata alternanza scuola-lavoro, delinea invece una base culturale tutta spostata sul lavoro, anche precocemente introdotto, tanto da pensare ad una scuola come grande centro di Formazione Professionale. Stesso ragionamento è alla base della riduzione a 4 degli studi liceali. Simile prospettiva contamina oggi anche i Pcto, nati come facoltativi, con risultati educativi importanti senza dover mettere in discussione i diritti dell’adolescenza.

Questi percorsi vanno ripensati. Serve una inversione delle politiche in atto, tutte orientate alla produzione, che non guardano alle diversità e ai distinti talenti dei giovani, ma vorrebbero trasformarli lavoratori omologati. No, non ci sembra una brillante idea.

Pino Turi
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